
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Finalmente abbiamo il Piano Mattei: una bella cornice legislativa al cui interno non c’è niente. Ad affermarlo non sono io né Slow News: basta andare qui e leggere il testo, in esame alla Camera dei Deputati, del decreto legislativo 161/23, recante le “disposizioni urgenti per il ‘Piano Mattei'”.
Come si legge proprio sul sito della Camera e come evidenziato dal Governo nella relazione illustrativa “il Piano persegue la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano, mediante la promozione di uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza”. E poi? E poi niente altro.
Il Piano Mattei, che il governo avrebbe dovuto presentare alla Conferenza Italia-Africa di novembre, annullata meno di un mese prima e rinviata al 28 e 29 gennaio 2024, per quello che ci è dato conoscere è composto da 7 articoli che si limitano a dare la cornice legislativa, burocratica ed economica in cui agirà il nostro Paese per costruire questo nuovo partenariato. Si parla di settori ma non di strategie, di investimenti ma non di progetti, non è chiaro da dove verranno presi i fondi e, carta canta, non è dato sapere nulla di più. Gli addetti ai lavori, i cronisti che si occupano di Afriche come il sottoscritto, non sanno nulla di più. Lo ha detto bene il direttore della rivista Africa&Affari, Massimo Zaurrini, intervenendo a Coffee Break su La7 il 10 gennaio 2024 (qui il video, minuto 26:42): quello che sappiamo è che “è stato fatto dal governo un monitoraggio di tutte le attività sull’Africa e con l’Africa […], si sa che verranno utilizzati circa 5 miliardi, più o meno un miliardo l’anno di risorse prese dal Fondo per il clima e dal Fondo rotativo, ci saranno fondi della cooperazione […] e questo è”.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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