
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
“La nostra battaglia per la sostenibilità globale sarà vinta o persa nelle città” ha dichiarato l’ex Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon nel 2012 a New York durante un incontro di delegazioni di amministrazioni locali. È vero. Lo è della mobilità, della giustizia sociale, dell’energia, dell’inquinamento, dell’abitare, del consumo di suolo.
Quest’ultimo è un tema fondamentale: quanto spazio delle nostre città è ricoperto di asfalto e quanto è invece lasciato alla natura, agli alberi, alla terra? Un bell’articolo pubblicato dal progetto Lab24 del Sole 24 Ore, attraverso svariati set di dati, ci mostra le esatte dimensioni del punto debole delle nostre città: non ci sono alberi.
Il problema? «Gli alberi sono ancora troppo spesso considerati un arredo urbano, l’ultimo elemento da aggiungere alla fine di una pianificazione urbana. Dovrebbe accadere esattamente l’opposto, con un una visione ecosistemica del verde urbano e periurbano attorno a cui sviluppare la progettazione urbanistica».
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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