
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Il 16 marzo 2023, la presidente del Consiglio della Federazione Russa, Valentina Matvienko, ha ribadito il sostegno di Mosca alla volontà dell’Algeria di aderire al gruppo di paesi cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), definendo il Paese africano “un partner affidabile e molto importante” per la Russia in Africa.
Se non sai cosa sono i BRICS qui trovi un’ottima spiegazione, anche se un po’ datata sui numeri.
L’Algeria è per la Russia “un Paese con il quale manteniamo un’importante cooperazione nel campo del commercio e dell’economia”, ha detto Matvienko dopo l’incontro con Abdelmadjid Tebboune, il Presidente algerino, nella capitale Algeri: “L’Algeria vuole entrare a far parte dei BRICS e noi in Russia sosteniamo questa scelta”.
Viene da chiedersi se non siano stati un errore gli accordi firmati dal governo italiano con Algeri lo scorso 23 gennaio (ne abbiamo parlato qui): dal 2024 l’Italia importerà 28 miliardi di metri cubi di gas dal Paese nordafricano che, a sua volta, è un forte partner della Russia. Si chiama “Piano Mattei per l’Africa”, nei programmi elettorali era Piano Marshall ma poi ha cambiato forma prendendo quella del cane a sei zampe, rivelandosi molto più spregiudicato di quel che possa sembrare. Gli accordi firmati in Libia erano infatti un primo campanello d’allarme ma ora, con questo rapido riavvicinarsi dell’Algeria alla Russia, ci chiediamo se sia stato davvero opportuno dirigersi senza indugi verso il Paese nordafricano.
In tempi di conflitto le scelte delle partnership internazionali sono anche dei posizionamenti geopolitici. Visti gli sviluppi, e le criticità, ci chiediamo: ma il Piano Mattei non rischia di diventare la porta laterale della Russia per l’Unione Europea?
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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