
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Nel 1865, nel saggio The Coal Question, William Stanley Jevons, osservando l’andamento del consumo di carbone in Inghilterra negli anni della diffusione delle macchine a vapore, si scontrò per la prima volta con un paradosso: più si rende efficiente l’accesso e il consumo di una risorsa attraverso miglioramenti tecnologici (nel suo caso la risorsa era il carbone e la tecnologia il motore di James Watt), più il consumo di questa risorsa aumenta, nonostante ne sia richiesta una quantità minore per fare lo stesso lavoro.
Ai suoi tempi Jevons parlava di carbone e di macchine a vapore, ma il paradosso che da allora ha preso il suo nome, oggi, lo si piò applicare praticamente a ogni cosa, ma il settore lo si sente citare più spesso negli ultimi tempi è la mobilità.
Il paradosso di Jevons applicato alla mobilità è semplicissimo: più strade costruisci e più le rendi scorrevoli, più aumenterà la loro inefficienza, perché più aumenterà il numero delle automobili in circolazione e, di conseguenza, il traffico.
Uno spezzone della serie tv australiana Utopia, condiviso all’urbanista canadese Brent Toderian su Twitter, lo spiega perfettamente.
È una scena che fa sorridere. Ci ricorda che abbiamo gli strumenti per sapere esattamente dove ci sta portando la dipendenza sempre più totale della nostra società dalle automobili. Ma anche che non stiamo facendo nulla per disintossicarci.
This is still brilliant.
“It means you spend a lot of money now for a very short-term benefit.”
“I guess for $300 billion we were hoping for something a little more dramatic.”#JevonsParadox isn’t a death metal band. It’s #inducedTraffic. Via @ABCTV pic.twitter.com/Xl2qaDZW1i
— Brent Toderian (@BrentToderian) May 31, 2023
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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