
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Ho trovato un report interessante sui visti Schengen secondo cui quasi un terzo delle persone di origine africana che richiedono un visto per l’area Schengen europea vengono respinti. Anzi c’è di più: i richiedenti africani (cioè persone con cittadinanza e passaporto di un Paese africano) hanno un tasso di rifiuto del visto del 30% e, in generale, i tassi di rifiuto verso i richiedenti africani per il visto Schengen sono generalmente superiori del 10% rispetto alla media globale.
Il rapporto, The Africa Wealth Report 2024, l’ha preparato Henley&Partners, una società di consulenza che si occupa di cittadinanza e residenza globale per clienti estremamente facoltosi. A livello pro-capite, le persone di origine africana sono quelle che meno di tutte chiedono visti legali per l’Europa: l’Algeria ha il più alto tasso di rifiuti, con il 46% delle oltre 390.000 richieste di visto Schengen (dati anno 2022) respinte. Nigeria, Guinea-Bissau, Ghana, Senegal e Mali hanno registrato tra il 40% e il 45% delle domande respinte.
Gli stati europei citano principalmente presunti e fantomatici “ragionevoli dubbi sull’intenzione dei richiedenti il visto di tornare a casa” per giustificare il diniego: secondo i ricercatori invece, il sistema europeo dei visti “dimostra chiaramente un’apparente parzialità nei confronti dei richiedenti africani”, nonostante le giustificazioni basate su preoccupazioni circa la sicurezza, o di natura economica. Una parzialità di cui ci siamo posti più volte la domanda circa la legittimità, in assenza di trasparenza: a Tunisi, cinque mesi fa, alcuni studenti hanno manifestato davanti all’ambasciata italiana per chiedere processi trasparenti nella valutazione dei dossier per i visti Schengen e ancora rieccheggia la figuraccia fatta dall’ambasciata italiana di Accra, in Ghana, che rifiutò i visti per il team di lavoro della curatrice della Biennale di Venezia Lesley Lokko, definendoli “africani non essenziali”. All’epoca, qui su Slow News abbiamo posto tre domande, ancora senza risposta, circa le politiche europee sui visti e i criteri per la valutazione dei dossier.
Il doppio standard, forse anche triplo o quadruplo, sui visti Schengen è in realtà l’applicazione della politica dei doppi standard europea verso qualunque persona non-europea. Su questo, Eleonora Camilli ha scritto la serie Accoglienza a doppio standard per il progetto A Brave New Europe di Slow News.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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