
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Durante la notte tra il 30 settembre 2025 e il 1° ottobre, le barche che fanno parte della missione umanitaria della Global Sumud Flottilla sono arrivate nella porzione di Mar Mediterraneo considerata “a rischio” per eventuali abbordaggi da parte della marina israeliana. La missione della Flottilla internazionale è arrivata nel momento più delicato, quello in cui o le barche verranno assaltate e le attiviste e gli attivisti arrestati, oppure — anche se nessuno se lo aspetta ed è effettivamente molto poco probabile — quello in cui avvisteranno terra e getteranno l’ancora di fronte alle spiagge di Khan Younis.
Dal punto di vista giornalistico, in un momento del genere si possono fare due cose. La prima è limitarsi a fare la cronaca, raccontare man mano che le cose accadono, minuto per minuto, come stanno facendo i principali giornali, accumulando informazioni che, per la maggior parte delle volte, tra due ore non saranno più interessanti o pertinenti e si perderanno nel rumore di fondo.
L’altra, quella su cui si basa la missione dello slow journalism e che fa parte da dieci anni del nostro DNA, è cercare di riconoscere che cosa, nel mezzo di quell’immenso flusso di contenuti, non è destinato a diventare rumore di fondo, e farlo durare, e dargli spazio.
Oggi, parlando della Flottilla, abbiamo scelto una lettera scritta da alle 10 del mattino da David Adler. È uno dei coordinatori della Internazionale Progressista nonché membro dell’equipaggio della Ohwayla, e ha pubblicato la lettera su X.
In qualsiasi caso, sia se le barche e i loro equipaggi verranno sequestrati, sia che arrivino a destinazione, riteniamo che questo sia un documento importante perché testimonia qualcosa che sui giornali si fa fatica a percepire: che questa storia non è una storia di oggi, che non si limita all’ora e adesso, ma che ha delle radici, e che continuerà.
La puoi leggere da qui. È in inglese, se non riesci a capirla, puoi cliccare sulla scritta Traduci post che trovi in fondo alla lettera.
Foto di Sarah Brown su Unsplash
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
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