
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Il 9 ottobre 2023 è successa una cosa degna di nota nel mondo delle reazioni politiche. Un commissario europeo, l’ungherese Oliver Varhelyi, ha scritto su Twitter (X) che gli aiuti dell’Unione Europea ai palestinesi sarebbero stati sospesi immediatamente. Poche ore dopo, un suo collega, lo sloveno Janez Lenarcic, lo ha smentito dicendo che gli stessi aiuti proseguiranno finché ce ne sarà bisogno. Infine, ecco il comunicato della Commissione Europea, che annuncia che gli aiuti verranno esaminati per garantire che non arrivino a organizzazioni terroristiche. Il comunicato precisa anche che non ci sono pagamenti previsti, quindi non ci sono sospensioni di fatto.
Cosa ci racconta questo evento?
– la complessità del compromesso politico, a maggior ragione in un’istituzione complessa come l’Unione Europea, con 27 stati membri
– che non è una buona idea mettere le bandierine e mettersi a tifare
– che la politica vive, ormai, di reazioni istantanee e avremmo bisogno di ricondurla a ritmi più compatibili con il pensiero critico e le decisioni complesse
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Nell’immagine, una bandiera di Israele issata fra due bandiere dell’Unione Europea davanti al palazzo Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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