
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Dopo la manifestazione di lunedì a Milano, finita con cariche violente e lanci insistenti di lacrimogeni da parte della polizia contro i manifestanti, i media hanno provato a dare la responsabilità degli scontri a due categorie che fanno molto comodo alla narrazione mediatica e politica: gli stranieri, denominati con una espressione molto razzista che non ripeteremo, e gli anarchici, misteriosi e violenti personaggi che vengono tacciati di ogni malefatta da ormai più di un secolo.
Sul discorso razzista dei media ci torneremo. Oggi vogliamo restare sulla questione degli anarchici. Perché c’è una grandissima confusione su cosa sia l’anarchia e su cosa siano gli anarchici. È una confusione naturale, intendiamoci, l’anarchia quasi per definizione cambia pelle ogni volta che qualcuno ne parla e ha tante diverse espressioni, forse tante quanti sono gli anarchici.
C’è un’anarchia che viene associata al caos, alla guerriglia urbana e un immaginario molto anni Ottanta da Guerrieri della notte (cit.). Ma questa è minoritaria nella storia politica dell’anarchia, deriva da istanze iper individualiste che si situano a destra dello spettro politico, e prende forma nel disagio rappresentato da film come Fuga da Los Angeles o, appunto, i Guerrieri della Notte.
C’è anche un’altra anarchia, però. Detto meglio: c’è soprattutto un’altra anarchia che è l’esatto opposto di quella e che è comunitaria. Questa anarchia, quella dei Bakunin e dei Kropotkin è una visione luminosa e ottimista del genere umano. Oggi il contenuto che vi proponiamo parla proprio di questo. È un libro, è stato scritto nel 1973 da Colin Ward e si intitola Anarchia come organizzazione.
Lo puoi leggere qui in pdf, nella prima edizione italiana autorizzata dall’autore e ormai fuori copytight. Se lo vuoi leggere di carta, compralo in una libreria, lo ha ripubblicato Eleuthera. Per favore, non ordinarlo su Amazon.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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