
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Dopo gli scontri tra la polizia e i manifestanti di lunedì 22 settembre a Milano, tutta una parte del mondo dei media — diciamo quella mainstream, da Repubblica a Panorama, dalla Stampa ai telegiornali, fino addirittura ad Avvenire — hanno raccontato una storia molto diversa da quella che hanno visto tutte le persone che alla manifestazione c’erano, una storia che ha come filo rosso una parola chiave, peraltro di forte impronta razzista, che è “maranza”.
Se la parola è relativamente nuova, il frame e la strategia retorica del discorso non lo è affatto e ricalca perfettamente un’altra retorica quella della pista anarchica, che salta fuori ogni volta che serve qualcuno da incolpare per distrarre l’opinione pubblica dai temi e per oscurare la portata e la potenza di una manifestazione o di un movimento. Ora, quello stesso frame che per due secoli ha visto come capro espiatorio gli anarchici sta indicando come minaccia i cosiddetti maranza.
È una dinamica inquietante e pericolosa, come lo era la pista anarchica. È pericolosa perché è sostanzialmente falsa ma è diffusa su tutti o quasi i giornali mainstream con parole chiave che ritornano identiche. È inquietante perché quelle aprole chiave che ritornano identiche potrebbero provenire da un dossier riservato che, secondo quanto racconta Fanpage, proviene da Fratelli d’Italia.
L’unico modo di rendere inefficace questa retorica è sapere che esiste. Per questo oggi ti proponiamo un articolo scritto in questi giorni da Milin Bonomi e pubblicato su Effimera. Si intitola La pista maranza e lo puoi leggere qui.
Se poi vuoi approfondire l’argomento, puoi leggere la serie di Mario Di Vito che abbiamo pubblicato su Slow News e che si chiama Gli anarchici van via. La puoi leggere qui.
Foto di mia swerbs su Unsplash
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
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