
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Nel novembre del 2021, alla fine dei lavori della COP26, 34 paesi e cinque istituzioni finanziarie avevano firmato un impegno congiunto — la cosiddetta “Dichiarazione di Glasgow” — per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2022.
Ora, a distanza di un anno e mezzo, l’associazione ReCommon porta l’attenzione sul documento programmatico diffuso dalla coalizione internazionale Export Finance for Future di cui l’Italia fa parte, ma stranamente non dai canali ufficiali di SACE o del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il punto qual è? Che dentro quel documento non c’è scritta la stessa cosa che è stata dichiarata a Glasgow, anzi.
Il gas viene definito un «combustibile di transizione, strategico per la sicurezza energetica italiana» e viene sancito che i progetti per esplorazione e produzione di gas potranno essere finanziati fino a gennaio 2026, mentre «per i progetti di trasporto e stoccaggio, invece, la data ultima non è proprio menzionata perché deve essere “ancora definita”».
Puoi leggere il documento originale qui.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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