
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
I poveri, si dice, odiano i ricchi perché li invidiano. Non si parla quasi mai, però, di quanto i ricchi possano odiare i poveri. O anche solo le persone che percepiscono come diverse da sé e dal proprio modello di riferimento. Per averne un’idea, è sufficiente leggere Alain Elkann su Repubblica nel pezzo dal titolo già virale Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”.
Elkann si ritrova a viaggiare su un Frecciarossa con alcuni giovani. Trova incomprensibili i loro atteggiamenti – lui legge Proust e scrive il diario con la stilografica mentre quelli parlano di donne o al massimo ascoltano musica e hanno l’iPhone in mano.
Trova incomprensibile persino il loro look («Nessuno portava l’orologio»). Trova incomprensibile anche che il treno per Foggia passi da Benevento. Così, in questo festival di contrasti, Elkann non trova di meglio da fare che sfogarsi con un elzeviro – altri direbbero articolessa – sul giornale di famiglia. Dove questi giovani vengono definiti lanzichenecchi. Con chiaro intento spregiativo.
Per inciso, i protagonisti di questa storia erano tutti su un vagone di prima classe. Probabilmente, quindi, i giovani non erano nemmeno poveri in senso assoluto (magari erano persone che potrebbero diventare povere, questo non lo sappiamo).
Fatto sta che i ricchi odiano i poveri. Disprezzano ciò che percepiscono come diverso.A volte, visto che tutto questo si consuma su un giornale, viene il dubbio che i giornali odino il proprio pubblico. La prossima volta che si parlerà, in qualche convegno, del perché le persone non si fidino dei giornalisti e del perché – signora mia – non leggano più i giornali, leggerò a voce alta l’articolo di Elkann.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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