
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Una, parziale e forse non veritiera, risposta a questa domanda ce l’ha data il presidente russo Vladimir Putin in persona: “Il mantenimento di Wagner era sulle spalle dello Stato” per una cifra pari a 86 miliardi di rubli, 1 miliardo di dollari circa, nell’ultimo anno (maggio 2022-maggio 2023).
Ma Wagner non è dipendente unicamente dello Stato russo: il Dipartimento del Tesoro americano ha emesso sanzioni contro quattro società e un individuo (Andrey Nikolayevich Ivanov, facilitatore del gruppo Wagner in Mali) collegati al gruppo russo Wagner. Avrebbero commerciato illegalmente in oro, diamanti e armi, tra le principali fonti di finanziamento del gruppo di mercenari in Africa.
Washington ha sanzionato le società Midas Resources, società mineraria con sede nella Repubblica Centrafricana che di recente ha negato a degli ispettori del governo di Bangui l’accesso alla miniera di Ndassima, Diamville, che acquista oro e diamanti ed ha partecipato a un programma di vendita di oro convertendo l’oro di origine centrafricana in dollari e trasferendo denaro contante a mano, Industrial Resources General Trading, distributore di beni industriali con sede a Dubai e principale acquirente dei diamanti estratti da Diamville, che “ha deliberatamente partecipato al trasferimento a mano di contanti alla Russia” dopo le sanzioni statunitensi a vari istituti finanziari russi, e la Società a Responsabilità Limitata DM, con sede in Russia e anch’essa parte dello schema fraudolento di vendita dell’oro centrafricano dei Wagner.
Ne avevamo parlato nell’episodio 2 della serie Russiafrique.
Non solo: il gruppo Wagner guadagna anche da altri tipi di business, come la produzione di birra e vodka, l’estrazione di uranio, la rivendita di legname pregiato.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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